Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE
E NOTIZIE - Anno XX – 30 settembre 2023.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del
testo: BREVI INFORMAZIONI]
Sclerosi Multipla: identificati
regolatori-chiave di un passo cruciale per lo sviluppo delle lesioni.
L’infiltrazione del SNC da parte di cellule T auto-reattive è un passaggio
obbligato, ma la sua regolazione non è ancora ben definita. Arek
Kendirli, Clara de la Rosa e colleghi hanno condotto
un CRISPR screen del genoma di un modello di ratto di sclerosi multipla
(SM), identificando 5 freni essenziali e 18 facilitatori essenziali
della migrazione di linfociti T nel SNC.
ETS1 limita l’entrata nel SNC. Per la
migrazione delle cellule T CD4+ sono richiesti tre moduli funzionali
centrati intorno a α4-integrina, CXCR3 e GRK2 chinasi. L’analisi di
singole cellule dei linfociti T di persone affette da SM ha confermato che l’espressione
di questi essenziali regolatori è correlata con la propensione delle cellule T CD4+
a raggiungere il SNC. [Cfr. Nature Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41593-023-01432-2,
2023].
Malattia di Alzheimer: ruolo del
frammento 1-357 della γ-adducina.
La degenerazione neurofibrillare, che insieme con le placche amiloidi
costituisce il contrassegno patologico della malattia di Alzheimer, è innescata
dalla iper-fosforilazione della proteina tau. Il frammento 1-357 della γ-adducina accresce la fosforilazione della tau attivando
GSK3β, e ha un ruolo fondamentale nella patologia tau. [Cfr. Honglu Yu et al., Front Aging Neurosci. 15: 1241750, Sep 15, 2023].
L’organo subcommissurale
(SCO) del III ventricolo cerebrale risponde al glucosio.
Luke Liu e Ryann Fame hanno
accertato che l’organo subcommissurale (SCO), cioè il
tessuto secretorio localizzato nel tetto del terzo ventricolo, risponde al
glucosio secernendo molecole di segnalazione nel fluido cerebro-spinale (CSF),
in tal modo riducendo il movimento di CSF determinato dall’ependima locale. [Cfr.
PLoS Biology – AOP doi: 10.1371/journal.pbio.3002323,
2023].
Nuove fibre dopaminergiche nell’area
peri-infartuale dopo l’ictus aiutano il recupero.
Dopo un ictus ischemico, la segnalazione dopaminergica
supporta i cambiamenti plastici nell’area peri-infartuale, ma l’ictus causa una
degenerazione dei neuroni dopaminergici mesencefalici che proiettano alla
corteccia, potenzialmente compromettendo il contributo dei neuroni rilascianti
dopamina al recupero funzionale dopo l’evento cerebrovascolare acuto. Jonas A. Hosp, Sibylle Frase e colleghi hanno raccolto
dati che depongono a favore dello sviluppo, intorno all’area
ischemico-necrotica, di nuove fibre dopaminergiche che facilitano il recupero. [Cfr.
Journal of Neurochemistry – AOP doi: 10.1111/jnc.15970,
2023].
Il
dolore diffuso e resistente della fibromialgia è associato a disfunzione
sessuale?
Sara Mollà-Casanova e colleghi hanno condotto uno studio
(cross-sectional study) su 170 donne, 88 affette
da fibromialgia e 82 sane di controllo, per verificare il rapporto della
sindrome algica con la disfunzione sessuale. È emersa un’alta prevalenza di disfunzione
sessuale nelle donne sofferenti del disturbo doloroso cronico, con un impatto
notevole su desiderio, eccitazione, lubrificazione, orgasmo e soddisfazione,
oltre che dolore (dispareunia, ecc.) durante i rapporti. Era stata ipotizzata l’influenza
positiva dell’attività fisica, ma in questo studio la comparsa di disfunzione
sessuale si è rivelata indipendente dal regime motorio delle donne. [Cfr. Journal
of Sexual Medicine – AOP doi: 10.1093/jsxmed/qdad121, 2023].
La
scoperta di nuove specie animali ci ricorda la priorità del mondo naturale. Una rana dell’Amazzonia peruviana che
sembra fatta di cioccolato o appena saltata fuori da un recipiente colmo di impasto
fuso di un maestro cioccolataio, è l’emblema delle 146 nuove specie scoperte nel
2022 e riconosciute in questi mesi dalla comunità scientifica. Si stima che
solo il 10% del totale delle specie presenti sul nostro pianeta siano state
descritte, e per quanto riguarda i mammiferi la proiezione calcola che dobbiamo
ancora scoprire il 20% delle specie. Tra le specie che all’inizio di quest’anno
la California Academy of Sciences ha denominato, vi sono 7 pesci, 4 squali, 14
molluschi di mare, 13 stelle marine, 44 lucertole, 30 formiche, altri insetti e
due licheni.
Il
campo della conoscenza delle specie animali, considerato a torto un hortus conclusus
nel secolo scorso, non è che una parte di una più vasta realtà naturale ancora tutta
da scoprire.
Dai
Royal Botanic Gardens Kew apprendiamo
che ogni anno si scoprono circa 2000 nuove specie di piante e funghi.
A
ottobre dello scorso anno fece scalpore la scoperta nelle isole Wakatobi in Indonesia di un bellissimo uccello (Wakatobi sunbird, Cinnyris infrenatus)
dalla gorgiera blu con riflessi oltremare, che risalta sul giallo limone
intenso delle piume ventrali e ravviva le tinte brune del dorso e del profilo
della testa che termina con un becco sottile ed elegante.
Una
nuova mentalità che abbia una maggiore attenzione all’ambiente si forma anche insegnando
alle nuove generazioni che la visione del mondo focalizzata su
produzione-profitto-amministrazione ignora la realtà naturale, che dovrebbe
essere sempre al primo posto nella coscienza collettiva. È proprio l’attenzione
alla vita animale e alle bellezze della natura che ci ricorda le priorità che
la ragione della nostra specie dovrebbe avere sempre presente nel considerare
il posto che abbiamo sulla terra. [Brain Mind & Life International; BM&L-Italia,
settembre 2023].
Lo
studio neuroscientifico della coscienza può far cambiare il posto che
attribuiamo all’uomo nell’universo. La tesi, sostenuta da Giulio Tononi e Marcello Massimini, è discussa
dai nostri soci in questi giorni. I due neuroscienziati osservano che le
spiegazioni scientifiche dei misteri della natura ci hanno fornito gli strumenti
per prevedere, controllare e modificare molti fenomeni, ma allo stesso tempo
hanno cancellato la rassicurante visione della centralità dell’uomo nell’universo.
Prima la rivoluzione copernicana ci ha relegato su uno dei tanti pianeti che
girano intorno a una stella, nella periferia di una galassia tra miliardi di
altre galassie, poi la scoperta darwiniana dell’evoluzione ci ha posti in continuità
con tutte le specie animali. Una teoria scientifica della coscienza, dopo aver
identificato parametri certi per una sua misura fisica, superiori al Φ di
Massimini e Tononi, potrebbe cambiare radicalmente la nostra visione: nella
coscienza la luce esiste intrinsecamente, senza bisogno di un osservatore
esterno. Solo il tempo – osservano i due neuroscienziati – dirà se un’altra
rivoluzione scientifica ci porterà nuovamente al centro dell’universo, per ora
lo studioso non può far altro che esplorare, integrare e condividere per comprendere
il mondo, e far sì che esista un po’ di più[1]. [BM&L-Italia,
settembre 2023].
La
tendenza a seguire le mode culturali può ingannare anche chi possiede un vasto
bagaglio di conoscenze. Quando il
conformismo ideologico diventa moda pervasiva a giustificazione del costume
dominante, può farsi abito mentale indossato inconsapevolmente anche da chi, in
passato, ha fornito prove brillanti di conoscenza, analisi e apprezzamento
della filosofia antica e del pensiero cristiano, tali da costituire materiali
per il nostro Seminario sull’Arte del Vivere. Un brano tratto da un saggio di
Salvatore Natoli è eloquente: “Infatti, non si può negare che i
secoli cristiani sono esistiti e bisogna prenderli per intero, per quel che
sono effettivamente stati nelle loro luci e nelle loro ombre. Ora, non v’è
dubbio – senza nulla togliere alla loro grandezza – che hanno introdotto
pratiche e che hanno patologizzato le condotte e reso equivoche le virtù”[2].
Il termine “patologizzato” si giustifica
solo se si identificano le pratiche pagane greco-romane con la fisiologia, e la
dottrina dell’amore oblativo incondizionato cristiano con la patologia: difficile
immaginare una faziosità più distorsiva della realtà. È l’evidente assunzione di
un paradigma ideologico anticristiano estremo, quale quello degli atei
materialisti del secolo scorso, non dichiarandolo e, con quel “non v’è dubbio”,
spacciando per realtà oggettiva che la santità cristiana sia qualcosa di
patologico, di malato.
Il fatto, che costituisce un’evidenza storica
e culturale, è che il cristianesimo ha introdotto nel mondo dominato dalla
cultura classica una propria concezione della virtù, intesa come condotta
aderente ai precetti divini, e in questo differente dal significato di abilità
esercitata fino all’eccellenza, proprio della parola greca areté. Perché
il cristianesimo avrebbe reso “equivoche le virtù”? È un’accusa infondata e
insensata.
È lecito che un pensatore possa ritenere
“patologiche” le visioni religiose buddista, shintoista, islamica, cristiana,
ebraica, induista, taoista e così via, ma dovrebbe spiegarne il perché o,
almeno, argomentare le motivazioni di un giudizio tanto severo. Nello specifico,
ad esempio, dovrebbe chiarire perché è fisiologico considerare virtuoso uno
bravo nel tiro con l’arco o nella guida di una nave, mentre è patologico ritenere
virtuoso uno che aiuta i poveri o vive in castità.
Ogni
religione, come ogni visione filosofica del mondo, ha un proprio modo di
intendere il valore dell’agire umano e, coerentemente, attribuisce un senso
alle virtù o ne stila una classifica di importanza.
I filosofi dell’era moderna ci offrono
al riguardo significativi esempi. Hume esalta l’orgoglio e critica l’umiltà,
che invece Cartesio apprezza con le altre qualità dello stile cristiano, al
quale Spinoza si oppone, criticando tanto la compassione quanto il pentimento;
Leibniz elabora una propria visione di vizi e virtù, che prelude a quella
dominante nell’illuminismo, epoca in cui si accelera il lungo processo di transizione
dalla priorità delle virtù dello spirito alla centralità delle virtù
civili e politiche, espresse nella vita pubblica. E, in seno al dominio della passione civile,
si sviluppano esempi di pensiero che vanno oltre il fariseismo laico della
priorità delle apparenze, giungendo a teorizzare una doppia morale con i Vizi
privati, pubbliche virtù di Mandeville. [BM&L-Italia, settembre 2023].
I rapporti tra valore e senso oggi sono
ignorati, nel disinteresse generale. Tutte le grandi
civiltà, dai tempi più remoti, hanno avuto un sistema di valore materiale
per regolare scambi e commerci, e un sistema di valore ideale
strettamente connesso col prodursi del senso, in una dimensione
religiosa, filosofica o genericamente culturale del mondo.
La distinzione tra questi due sistemi,
con la priorità assoluta del secondo, ha caratterizzato l’antropologia egizia,
greca e romana, per citare solo tre tra le più influenti civiltà di tutti i
tempi. La commistione e talora la confusione tra valore morale e valore materiale
era propria di quei popoli che, prima i Greci e poi i Romani, chiamavano “barbari”.
Presso i Romani, il valore materiale era
misurato in quantità di sale, ossia rapportandolo a quell’insaporitore raro e prezioso, detto nel mondo latino “oro
bianco”, di cui il governo disponeva in abbondanza in regime di monopolio. L’importanza
del cloruro di sodio è difficile da comprendere ai nostri giorni: per
facilitarne il commercio, i Romani ampliarono ed estesero una strada tracciata
dai Sabini dalle saline marchigiane sull’Adriatico a quelle di Ostia sul
Tirreno, e la chiamarono Via Salaria.
Non è difficile immaginare quale risorsa
fosse per il potere romano mettere a frutto l’estrazione di sale, se si pensa
che giacimenti virtualmente inesauribili, come quello di Petralia Soprana, oggi
consentono, a duemila anni di distanza dai primi prelievi, l’estrazione di 50
milioni di tonnellate l’anno. Il cloruro di sodio non aveva solo un valore
universalmente riconosciuto, ma era di fatto impiegato correntemente per
stabilire il valore commerciale di ogni cosa. Come l’oro, il sale aveva
preceduto le monete quale mezzo per l’acquisto di cibo, oggetti, beni e di
tutto ciò che fosse messo in vendita. I soldati romani erano pagati con una
quantità fissa di sale: il salario.
Il valore materiale è
direttamente o indirettamente in rapporto con l’utilità e la necessità;
il valore morale rinvia a un paradigma etico originato da una concezione
complessiva della realtà e si sostanzia nella millenaria dicotomia di vizi e
virtù che, pur mutati nel tempo al mutare del pensiero egemone, permangono
quale esigenza di distinguere il negativo dal positivo. Quale bisogno profondo
di prototipi da fuggire o da seguire per indirizzare il corso della propria
vita. La virtù, comunque la si intenda, appartiene all’ambito di ciò che
è giusto; e il vizio – anche se oggi si tende a non pronunciare
nemmeno questa parola – rappresenta ciò che è sbagliato, perché nocivo in
senso materiale o morale. Un secolo di ideologizzazione e, spesso, di
strumentalizzazione politica di queste tematiche ha portato a cancellarle dall’attualità
del dibattito culturale come se appartenessero a una moda del pensiero ormai
obsoleta, non comprendendo che il bisogno di distinguere il negativo dal
positivo nei fatti della vita come nell’esperienza personale è essenza
ineliminabile di una radice antropologica comune a tutti i popoli. [BM&L-Italia, settembre 2023].
Notule
BM&L-30 settembre 2023
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